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Accesso remoto sicuro alla rete di fabbrica: 3 errori comuni da evitare

Accedere da remoto a un impianto industriale dovrebbe essere semplice. Un click, una VPN, e sei dentro. Ma lo è davvero? La verità è che, nella fretta di abilitare la connettività verso l’esterno, molte aziende commettono errori che diventano crepe nella sicurezza. E non sempre si notano. Perché all’inizio tutto funziona. Finché qualcosa non va storto. E allora si scopre che bastava poco per evitarlo. Vediamo allora più da vicino quali sono gli errori più comuni da evitare.

Cosa manca davvero per un accesso remoto sicuro

Facciamo una riflessione… l’ambiente OT non è una semplice estensione dell’ufficio, semmai è un mondo a parte, più sensibile, più critico, meno tollerante agli errori. Eppure, in tante realtà industriali, si continua a gestire il controllo remoto degli impianti come si gestirebbe una stampante in rete. Tutto questo potrebbe anche “funzionare”, ma il punto non è solo far funzionare, è proteggere ciò che funziona.

Il primo errore, il più comune, è credere che una VPN basti a rendere sicuro un accesso remoto. “Abbiamo una VPN”, si dice. “Siamo protetti.” Ma non è così. Se chi si collega ha le credenziali giuste, entra e trova spesso troppo. L’errore sta nella mancanza di segmentazione e chi entra anche da remoto, una volta autenticato, può muoversi liberamente tra gli asset della rete OT, come se fosse seduto in sala controllo. Ma non lo è. E magari sta accedendo da un laptop personale, in Wi-Fi, da una rete pubblica.

Ti fideresti? La mancanza di segmentazione è un problema tecnico, certo, ma è anche la mentalità di aprire tutto “per comodità”, rinunciando a una visione granulare degli accessi. Le reti industriali dovrebbero essere suddivise in zone, con policy specifiche per ciascuna. La VPN dovrebbe portarti in un segmento preciso, isolato, controllato. E lì, solo lì, puoi agire.

Altro inciampo? Password deboli o condivise. Può sembrare una banalità, ma quante volte capita di usare account generici come admin, con password note a più operatori? Troppo spesso. E se uno di quei dispositivi viene compromesso? Nessuno se ne accorge. Nessun log, nessuna tracciabilità. Solo un accesso che “doveva esserci”. Ma c’è di più, ovvero molte aziende non aggiornano mai il firmware dei dispositivi di rete. “Funziona, non toccarlo.” Ma in un router, in un firewall, in un access point industriale, ogni aggiornamento è un patch contro vulnerabilità note e saltarne anche uno solo significa lasciare una finestra aperta sul mondo. 

Infine, spesso manca una politica strutturata di accesso remoto. Talvolta poi succede che non vi sia una politica di accessi troppo strutturata, non c’è un piano, solo una serie di connessioni “tappabuchi” nate dall’urgenza… il tecnico che ha chiesto l’accesso un sabato, il collega che lavora da casa. Tutto sommato funziona. Ma funziona davvero?

Quando si usano gli strumenti sbagliati (o si usano male)

Da quanto abbiamo avuto modo di vedere sino a qui, l’errore, quindi, non è solo tecnico. È pensare che basti una connessione per risolvere tutto. Ma in fabbrica non si gestiscono solo file. Si controllano motori, pressioni, flussi. 

Un altro errore grave (il secondo)? Non adottare soluzioni pensate per l’industria e in questo caso dobbiamo pensare ad esempio ai router rugged, firewall con DPI (Deep Packet Inspection) per i protocolli OT, VPN certificate con autenticazione a due fattori, log di audit integrati… tutto questo non è “optional”. È il minimo per una strategia di accesso remoto che abbia senso.

E non è tutto. Un terzo errore ancora più sottile? Impostare e poi dimenticare. In molte reti OT, la configurazione iniziale viene considerata sufficiente per sempre. Ma i sistemi si aggiornano. Nella cybersecurity industriale, una configurazione che non viene costantemente manutenzionata, aggiornata, monitorata, è una minaccia latente. Non basta usare “la VPN dell’IT”. Perché la sicurezza non si configura una volta sola. Si costruisce, giorno per giorno.

Un sistema efficace sa distinguere tra un accesso legittimo e un comportamento anomalo. Sa disconnettere automaticamente chi non è conforme. E sa loggare ogni evento utile a ricostruire un incidente, se mai dovesse succedere.

Un nuovo modo di pensare la connessione

Si capisce bene, allora, come la sicurezza, in fondo, non sia mai solo questione di tecnologia. È proprio quella volontà di non accontentarsi del “funziona”, ma di chiedersi ogni giorno come funziona, chi accede, quando, e perché. Una connessione remota deve essere un ponte, non una falla.

E nel mondo dell’industria moderna l’accesso remoto non può più essere lasciato al caso. E non ci si improvvisa. Per questo, aziende che vogliono implementare un accesso remoto davvero sicuro scelgono soluzioni professionali, come quelle proposte da noi di Moxa Distry Shop che progettiamo infrastrutture su misura, con hardware certificato e policy pensate per ambienti critici.

Con Moxa Distry Shop puoi contare su un partner che conosce le criticità delle PMI italiane, i vincoli dei team IT ridotti, le criticità di una rete industriale spesso ibrida tra OT e IT. Un partner che parla il tuo linguaggio e che ti aiuta a creare una rete davvero sicura, ma anche snella, facile da usare, pensata per durare.

Se vuoi smettere di temere l’accesso remoto e iniziare a sfruttarlo come una risorsa strategica, è il momento di cambiare prospettiva. Di prendere il controllo. Di risolvere i problemi prima che si manifestino.

Scopri come lavoriamo e contattaci per una consulenza, anche solo esplorativa. Perché la sicurezza non è mai un’opzione. È una promessa che si deve rinnovare ogni giorno.