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Agricoltura 4.0

Agricoltura 4.0: controllare l’irrigazione da remoto con dispositivi wireless a prova di sole

Nei campi il sole cocente, l’afa, l’estate non perdonano e i tassi di evaporazione sono alle stelle, mentre il suolo rimane secco anche per molte ore di fila.
Il risultato? Sprechi d’acqua, piante in stress, rese altalenanti. Il controllo remoto dell’irrigazione permette di vedere, decidere e agire senza che si debba necessariamente essere fisicamente in campo, e con una precisione che l’intervento manuale fatica a garantire.

Vediamo allora meglio come impostare un sistema di automazione dell’irrigazione agricola robusto, basato su sensori di umidità wireless e dispositivi a prova di sole, adatti a lavorare in esterno per tutta la stagione ma anche oltre.

Il problema (vero) di irrigare “a sensazione” non regge più

Per anni ha funzionato così, calendario alla mano, qualche giro nei campi all’alba, il colpo d’occhio di chi conosce la terra, e l’irrigazione partiva.
A volte si anticipava di un giorno, a volte si rimandava “perché ieri il clima mite e il tempo più fresco permettevano una ipotizzabile pausa dall’irrigazione. E ancora oggi, in molte aziende agricole, l’organizzazione dei turni irrigui funziona così basandosi su esperienza + disponibilità di tempo. Ma la stagione che oggi volge agli sgoccioli, l’estate di oggi, è diversa da quella di dieci anni fa. Le ondate di calore arrivano prima, durano di più, e l’escursione termica fra mattino e pomeriggio può cambiare radicalmente il fabbisogno idrico nello spazio di poche ore; e allora irrigare “a sensazione” non è più sufficiente. Il primo nodo è la variabilità microclimatica e questo tradotto vuol dire che due appezzamenti adiacenti, non “respirano” allo stesso modo, perché un tratto leggermente più basso trattiene più umidità notturna; un altro, esposto al vento di valle, asciuga più in fretta. Questo dipende moltissimo dalla struttura del suolo (sabbia/limi/argilla), dal contenuto di sostanza organica o persino dalla compattazione. Tutti elementi che possono modificare la capacità di campo e la velocità di infiltrazione.
Però senza dati puntuali è quasi inevitabile scivolare in uno dei due errori speculari: irrigare troppo o irrigare tardi e poco e la pianta “paga” nelle settimane successive.
Il secondo nodo è operativo, perché l’irrigazione perfetta richiede presenza fisica con sopralluoghi, controlli dei manometri, ispezione alle testate, apertura/chiusura valvole.

Il momento migliore per l’irrigazione è sicuramente quello relativo all’alba o di notte perché ci sono meno fattori come evaporazione e vento, e questo migliora l’assorbimento. Ma basta una valvola che rimane chiusa per un’ora di troppo in un filare sabbioso per generare uno stress idrico irreversibile per quella giornata, oltre al fatto che possono venirsi a creare ristagni e problemi fitosanitari. Il meteo “percepito” inganna e si rischia di irrigare poco e male.
Senza contare il costo dell’acqua e dell’energia e in molte realtà, il pompaggio lavora fuori dalla curva di efficienza perché i turni non sono calibrati sui reali consumi.
Talvolta irrigare troppo sembra più “prudente”, ma è un boomerang, perché l’acqua in eccesso dilava i nutrienti, rende il suolo più freddo nelle ore notturne con effetti sulla fisiologia della pianta, favorisce malattie fungine e, in alcune colture, peggiora consistenza e shelf-life del prodotto.
Un altro aspetto è quello legato al fattore umano. Generalmente in alta stagione, la squadra è ridotta, i fornitori sono più lenti, i guasti non avvisano. Decidere se posticipare di 12 ore un turno o anticiparlo richiede informazioni certe, non sensazioni. C’è anche la questione della coerenza e la consapevolezza sul quando e come dare l’acqua. Senza dubbio l’esperienza è preziosa, ma in un’estate con tre ondate di calore in 15 giorni, l’intuito da solo non scala

Tutto converge su un punto: il tempo di reazione. In estate, il suolo superficiale può perdere umidità in poche ore. Una decisione corretta presa alle 22 può essere una decisione sbagliata alle 6. Se ogni regolazione richiede di essere presenti, le decisioni si prendono meno spesso e quindi peggio. Con un sistema remoto, invece, le decisioni possono essere più frequenti, più leggere, più mirate: 20 minuti in un settore alle 4:30 possono evitare 60 minuti alle 10:00. Il risultato è meno acqua, meno energia, meno stress, più coerenza fisiologica e più serenità operativa.

Per riassumere: irrigare “a sensazione” oggi non regge più perché il clima è più nervoso, i suoli rispondono in modo diseguale, i costi spingono all’efficienza e la qualità richiede coerenza. Continuare a lavorare solo con calendario ed esperienza significa accettare una quota di caso che, con gli strumenti disponibili, non è più necessaria. La buona notizia è che il passaggio ai dati e al controllo da remoto, allora, non sono atti rivoluzionari, ma necessari e si può iniziare da piccole linee e zone, i benefici si vedranno subito in settimane, non in anni.

Sensori, rete wireless e logiche automatiche (che lavorano mentre tu non ci sei)

L’aspetto più critico dell’irrigazione sta nella possibilità (capacità) di aprire e chiudere l’acqua con il tempismo che il clima pretende. Come detto nel paragrafo precedente il “calendario a mano” non funziona più. Specialmente quando si parla di misura, quantità idrica da erogare. I sensori di umidità del suolo, invece, che sono capacitivi o tensiometrici, scelti in base alla tessitura e alla profondità esplorata dalle radici, possono raccogliere tutte quelle informazioni capaci di raccontare la parte che non si vede, quella sotto la superficie.
A completare la fotografia servono temperatura e umidità dell’aria, vento e pioggia locale, perché sono questi parametri a validare i volumi e a far scattare, senza ambiguità, la sospensione automatica dei cicli quando l’episodio di pioggia può diventare significativo. Ma anche altri due parametri, ovvero pressione e portata, chiudono il cerchio, e con i sensori o anche il controllo da remoto, il sistema registra immediatamente un calo anomalo o una portata incoerente, e in questa maniera non si aspetta più il sopralluogo della mattina dopo per accorgersene.

Una volta catturati i dati, bisogna farli viaggiare. In mezzo ai filari o tra i pivot e la rete è wireless per definizione. I nodi che raccolgono i sensori vivono all’aperto, dentro custodie sigillate, e sono in grado di coprire anche distanze sconfinate.
Alla base di tutto c’è un gateway che serve a rilevare le informazioni dei nodi, normalizzare i pacchetti e instradare questo contenuto prezioso verso il gestionale. Ma un gateway non si limita solo a interfacciarsi con nodi per la raccolta di informazioni ma riceve anche i comandi e li rimanda in campo, traducendoli in azioni esatte: aprire un settore, ridurre un tempo, posticipare un ciclo, avviare una pompa.

La decisione non è un interruttore on/off, ma un insieme di regole che tolgono ambiguità e funzionano come una piccola intelligenza operativa.

E anche quando il collegamento verso il gestionale può interrompersi (magari per un forte temporale o per un eccesso di calore estivo) i nodi e il gateway non si fermano, ma eseguono il compito che è stato loro affidato.

La parte attiva del sistema è chiaramente il braccio che muove davvero l’acqua, ma all’atto pratico sono uscite digitali, relè e moduli I/O che pilotano elettrovalvole, avviano pompe, commutano settori e, se necessario, avvertono un quadro di protezione per togliere tensione a un tratto che si è bloccato o comunque guastato o che mostra una anomalia. È qui che gli allarmi diventano azioni e non solo notifiche.
I dispositivi devono essere realmente rugged e con una tenuta “a prova di sole” con custodie UV-resistenti, pressacavi e connettori sigillati, coating protettivi sulle schede, range termico esteso e dissipazione pensata per l’esterno, scongiurando danni da ondate di calore, ossidazione da condensa e umidità ed escursioni termiche.
Mettiamola semplice: l’energia è però ciò che tiene vivi sensori e gateway e per questo pannelli, batterie, quadri elettrici e in generale l’alimentazione elettrica diventa decisiva.
In molti impianti il punto debole è il piccolo alimentatore su guida DIN da cui parte tutto. Serve una 24V DC per una corrente continua e stabile, cioè senza cali e senza “picchi” improvvisi. Per quadri outdoor compatti, un modello come l’HDR-60-24, con profilo slim, è pensato per ambienti industriali come la migliore scelta pragmatica.

Alla fine, i dati, l’insieme di sensori, la rete e le logiche intelligenti sono il modo con cui trasformare l’ansia del “chissà come sta andando” nella serenità del “so cosa sta succedendo e so già cosa farà l’impianto se cambia il vento”. È così che l’irrigazione smette di essere un ciclo da rincorrere e diventa un processo governato, che lavora anche quando tu non ci sei, e che eroga l’acqua solo dove serve, non dove capita.

Costruire un’irrigazione che lavora

Perché tutto però funzioni in maniera strategica, occorre affidarsi ad una partnership tecnica competente ed è per questo che Moxa Distry Shop può diventare un alleato prezioso e non solo per un hardware affidabile, ma soprattutto per quell’essere un partner capace di aiutarti a progettare una soluzione che regge il caldo, i picchi di lavoro e l’imprevedibilità del meteo. Se stai iniziando ora il percorso di trasformazione digitale in azienda agricola, ti sarà utile leggere un’introduzione concreta e disponibile qui: https://moxa.distry.shop/smart-farm-cosa-sono/. Se invece lavori in viticoltura e vuoi capire come tradurre sensori, automazione e controllo remoto in rese più stabili e qualità costante, approfondisci in questo blog: https://moxa.distry.shop/gestione-delle-vigne-tra-irrigazione-intelligente-e-prospettive-per-un-futuro-sostenibile-del-vino/

Il passo successivo è semplice: misurare ciò che conta, dare alla rete wireless una base solida e lasciare che le logiche automatiche facciano il loro lavoro e con Moxa Distry Shop al tuo fianco, la tecnologia resterà sempre al servizio del campo.